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Venerdì, 08 Marzo 2013 14:03

Il fiore più leggiadro

"Blue Lips". Olio su tela 50  x 60, Ming 2008 (www.fabiomingarelli.it) "Blue Lips". Olio su tela 50 x 60, Ming 2008 (www.fabiomingarelli.it)

 In azienda dove lavoro è arrivata una nuova stagista da Hong Kong. E indovinate un po’ chi l'ha invitata ad uscire?

 Si chiama Li Ling, in lingua cantonese – mi ha vezzosamente spiegato – vuol dire più o meno “il fiore più leggiadro”. Sfoggia un paio di occhialoni a vetro di bottiglia su un musetto dai denti sporgenti, e una chioma stopposa di capellucci grigio topo le incornicia il vispo visino. “Il fiore più leggiadro”... figuriamoci gli altri! Adesso avete capito perché l'ho invitata, brutti sozzi che non siete altro... volevo sapere se la cucina del ristorante cinese sotto casa... è cinese per davvero o no! Ed avevo per l'appunto bisogno di una guida esperta al menu...

 Il fiore più leggiadro – ma per favore lasciamolo perdere questo fiore leggiadro, chiamiamola con il suo nome di battesimo cristiano, cioè Judy - ha accettato l'invito con composto entusiasmo, anche se per tutta la prima parte della serata mi romperà un pochino con la sua stizzita delusione del fatto che nelle città europee non ci sono negozi aperti 24 ore su 24 per fare shopping di moda e tecnologia come piace a lei(sic! ma in effetti di questo suo approccio iperconsumistico si farà poi perdonare al suo rientro in patria, spedendomi una stupenda incisione audio del Teatro dell'Opera Nazionale).

 Quanto al ristorante cinese, pare in effetti che il cibo non lo fosse e neppure i camerieri, insomma di realmente cinese c'era un po’ poco, salva ovviamente l'immagine folcloristica che ogni ristorante etnico nel mondo deve pur dare ai suoi avventori. Almeno così ha sentenziato impietosa il fiore più leggiad... Judy. Anche se sono sicuro che ha esagerato per darsi un tono, comunque ben mi sta: e visto che mangiare cinese mi piace da matti e non ci voglio rinunciare... pazienza, andrò altrove.

 Intanto però poi, proprio per porre rimedio ad una serata effettivamente non indimenticabile, l'ho invitata ad uscire ancora, questa volta insieme con degli amici. Siamo stati ad una magnifica sagra paesana che non l'ha colpita più di tanto, ma intanto noi altri qualcosa ancora l’abbiamo imparata: dopo la meticolosa indagine di uno di noi che voleva giocare a “Shangai”(il giochino dei bastoncini colorati che si lasciano cadere tutti insieme, lo conoscete, no?), abbiamo appurato che in Cina non si chiama così: anzi, in Cina non si gioca affatto!